Il RISENTIMENTO E LA VITA MORALE Il risentimento come presupposto di una interdipendenza morale.( Télécharger le fichier original )par Luc NGOUE MBAHA Université Pontificale Gregorienne (Rome) - Extrait de séminaire 2003 |
PONTIFICIA UNIVERSITA GREGORIANA Facoltà di filosofia
Tema del seminario filosofico: Il RISENTIMENTO E LA VITA MORALE Il risentimento come presupposto di una interdipendenza morale. Studente: Ngoué Mbaha Luc Numero: 152448 Maggio 2003 Introduzione Uno dei maggiori rappresentanti della fenomenologia fu il filosofo tedesco Max Scheler, il quale ha saputo estendere gli analisi di questo sistema del ritorno al concreto nella sfera dei sentimenti umani, ossia morali e religiosi. Egli ha autorevolmente affermato il bisogno che la nostra civiltà ha di configurarsi diversamente rispetto al passato. La nostra è una civiltà esclusivamente impegnata a sviluppare le tecniche di dominio del mondo organico, della psiche e della vita stessa. In questa situazione, la filosofia dovrebbe valorizzare uno dei suoi diversi compiti, il quale consiste a ristabilire il primato dell'essere sul conoscere, proponendo una riflessione sui valori nei confronti dei quali l'uomo contemporaneo prova una indifferenza arrogante. I nostri lavori intendono valutare il cammino riflessivo eseguito da Scheler, nel quale egli dimostra la possibilità di arrivare ad una certa solidarietà morale, applicando la teoria del risentimento nella interpretazione di alcuni modelli della morale contemporanea. Voliamo dimostrare in quale senso Scheler si iscrive nel registro dei filosofi che vedono la morale come una teoria di relazioni con l'altro poiché è nella relazione immediata del «viso» dell'altro che l'uomo fa l'esperienza dei valori morali.1(*)
La proposta di Scheler pone la nostra attenzione di fronte a problematiche tuttora aperte. Infatti, l'autore di Il risentimento nella edificazione delle morali avvia il suo pensiero a partire della tesi di Nietzsche sul risentimento come realtà che sottende l'agire quotidiano: «Tra le scoperte compiute nell'età moderna attorno all'origine dei giudizi morali la scoperta di Federico Nietzsche del risentimento quale fonte di tali giudizi di valore rimane la più profonda, anche nel caso in cui dovesse risultare falsa la sua tesi specifica, secondo cui la morale cristiana e in particolare l'amore cristiano sarebbe il più raffinato fiore del risentimento."2(*) Secondo Scheler, è tuttavia impossibile pensare che la radice dell'etica cristiana affonda come lo pensa Nietzsche nel risentimento. Essa è piuttosto legata alla filosofia della soggettività poiché il soggetto umano è apertura, centro di atti intenzionali che lo obbligano ad aprirsi alla vita e lo rinvia necessariamente ai valori. Perciò è utile ritenere che l'esistenza dell'uomo non si esaurisce nel suo essere nel mondo, visto che il soggetto spirituale usa il corpo come strumento per attuare i principi etici. E' certamente in questa prospettiva che si intravede l'indagine scheleriana sulla solidarietà morale che l'uomo moderno chiude nella semplice soggettivizzazione dei valori: "La morale moderna poggia in tutte le sue fondazioni sull'atteggiamento di diffidenza per principio tra uomo e uomo in generale e nei riguardi dei valori etici delle persone in particolare. L'atteggiamento del commerciante che teme di essere ingannato dal concorrente è diventato già l'atteggiamento fondamentale della conoscenza moderna dell'altro in generale.»3(*) Questo principio di diffidenza, vicino al risentimento ha caratterizzato l'individualismo morale moderno conducendolo alla negazione del valore della solidarietà. In questo stesso senso, l'affermazione che i valori morali sono manifestazioni soggettive, relative alla coscienza umana e che non hanno significato ed esistenza indipendentemente da essa conduce alla giustificazione di una anarchia in materia di giudizi morali. Tuttavia rimane vero che l'uomo moderno è posto di fronte ad una situazione ambivalente: sia è chiamato a chiudersi nell'etica arbitraria del risentimento, sia verte a realizzare il valore della solidarietà. La persona che attua i valori afferma il primato di problemi sociali e umani su quelli metafisici, manifestando nello stesso tempo l'irriducibilità della persona come simplice strumento funzionante per lo Stato e in favore dello Stato. In questa prospettiva, si preserva i valori intimi e specifici della libertà individuale. Da una tale descrizione della vita sociale, si scaturisce un esistenzialismo di tipo cristiano poiché assistiamo alla riscoperta dei valori evangelici. Ed è in questo senso che la teoria schelerianna della persona concreta riesce ad operare una sintesi tra il formalismo della morale kantianna e l'utilitarismo delle morali concrete anglosassone.4(*) Tuttavia è rilevante il fatto che l'analisi della persona, vista nei suoi stati emozionali, va attuato secondo gli schemi del metodo fenomenologico, la quale Scheler ha esposto con un ammirevole equilibrio. 2. dalla fenomenologia ad un etica dei valori questo punto del nostro lavoro ci porta a ricordare il rapporto che si pone tra Scheler e Husserl. I due filosofi hanno in comune il categorico rifiuto della filosofia della soggettività come lo abbiamo già detto di Scheler. In maniera particolare, quest'ultimo non accetta la separazione che la filosofia ha operato all'interno dello spirito tra ragione e sensibilità: «Tutta la nostra vita emozionale, nonché l'amore e l'odio viene inclusa nella sensibilità, mentre quanto c'è di alogico nello spirito, il vedere-sentire, l'aspirare, l'amare, l'odiare, è considerato dipendente dalla organizzazione psicologica dell'uomo.»5(*) Infatti alla ragione si attribuisce ciò che non è della sensibilità. Ma se accettiamo una tale separazione, dobbiamo anche secondo Scheler accettare il fatto che ad un etica razionale, si possa sostituire ciò che il filosofo chiama «un'etica assoluta, apriorica ed emozionle» Sheler non si limita a costatare la perplessità della vita emozionale egli aggiunge alla tesi husserliana della coscienza come attività intenzionale, una modificazione caratteristica sulla modalità della intenzionalità. Mentre Husserl afferma il primato dell'attività teoretica su ogni altra forma di intenzionalità, Scheler pensa che un intellettualismo di questo genere impedisce un'adeguata concessione della intenzionalità emozionale. Per Scheler vi sono anche delle essenze non logiche che egli chiama valori: "C'è una modalità dell'esperienza i cui oggetti sono completamente inaccessibili all'intelletto, che è cieco nei loro riguardi come l'orecchio e l'udito rispetto ai colori; ma questa esperienza ci presenta oggetti autentici disposti in un ordine eterno e gerarchico che sono appunto i valori."6(*) Possiamo affermare che secondo la fenomenologia di Scheler, i valori non sono necessariamente tratti dall'esperienza ma condizionano la possibilità stessa del mondo affettivo. Partendo da un tale principio, Scheler afferma la legittimità di un'etica materiale dei valori. Egli rivaluta la vita emozionale a partire dalla rigorosa distinzione tra fatti ed essenze, riconducendola a queste ultime. Così, la volontà viene posta al seguito degli atti emozionali, e la persona acquista piena autonomia rispetto al volere. In questa prospettiva, Scheler propone di ancorare la persona all'uomo, inteso in modo originale ciò è come trascendenza in se, tema che copre quasi tutta l'opera del filosofo tedesco. Ed è questa tesi della trascendenza dell'uomo che Scheler evoca quando afferma che: «l'uomo da solo è in grado di andare oltre se stesso» e che, per diventare persona, «l'essere umano deve innalzare la propria testa spirituale oltre questo flusso della vita psichica e della comunità e scoprirsi un essere che prova sentimenti, ha idee ed inclinazioni proprie."7(*) Tuttavia, è opportuno segnare la netta differenza che esiste tra l'essere umano e l'essere persona: mentre il primo è un dato che viene dalla natura, il secondo è conseguito come l'atto di trascendenza. E Scheler ribadisce che la trascendenza della persona è rivelata attraverso i suoi atti e, è possibile conoscere gli altri soggetti solo attraverso il sentimento della simpatia. Insomma, se l'atto a per vocazione di rivelare la predilezione per un valore, l'azione di una persona invece manifesta l'ordine dei principi morali. Ora ci poniamo la domanda di sapere in che modo possiamo arrivare all'idea di una solidarietà partendo dalla dimensione etica della persona tale che Scheler la definisce.
Secondo Max Scheler, l'apertura della persona umana costituisce un presupposto al valore della solidarietà, poiché il filosofo del risentimento estende la sua teoria dei valori anche al campo sociale. Ma individuare un livello di solidarietà al seno di una organizzazione sociale significa riferirsi a ciò che Scheler chiama solidarietà per contagio. Questo è un primo livello di solidarietà nella classificazione Scheleriana. In questa forma di solidarietà, i sentimenti che vengono trasmessi nei vari gruppi lo sono tramite «imitazioni involontarie prive di comprensione»8(*) Tuttavia, le esperienze sono sempre vissute a livello individuale e risultano prive di ogni riferimento comunitario. Un altro livello di solidarietà di cui parla Scheler è quello della «solidarietà rappresentabile o organica.»9(*) in questo senso ciascun elemento della comunità può rappresentare qualche altro membro del gruppo. Ma cui lo statuto dell'essere umano rimane solo a livello organico. E' un essere in cammino verso la maturità della personale. Si tratta di un livello di solidarietà molto vicino a quello del movimento di massa. Poiché gli individui sono saldamenti legati alla comunità di vita e la distinzione tra se e gli altri non è tanto evidenziata. La solidarietà per contagio, poiché basata sulle tradizioni e consuetudine possiede dei legami sociali molto più forti. Parlando di un terzo livello di solidarietà, Scheler usa il termini «solidarietà per interssi»10(*) per identificare quel tipo di solidarietà determinata dal desiderio dei membri individuali di conseguire i propri scopi. In questo contesto, la volontà comune spesso dipende da l'uso della forza. E' un tipo di solidarietà dove l'individualismo delle persone è assai pronunciato, e il rischio che emergano persone egoiste e individualisti è maggiore. L'ultimo livello di solidarietà che Scheler considera la più alta è la «solidarietà personalistica o non rappresentabile.»11(*) Questa forma si manifesta in una certa unità sociale. Scheler la descrive in questi termini: Si tratta di una «Unità di persone-singole, autonome, spirituali ed individuali in una persona comune, autonoma, spirituale ed individuale.»12(*) Secondo scheler, questa unità coincide con la nozione stessa di comunità e con l'insegnamento stesso del cristianesimo. Cui ogni persona è persona singola e nello stesso tempo, membro di una persona comune. È una comunità particolare che include secondo Scheler, un nuovo tipo relazione: «Nella comunità di vita, il supporto di ogni responsabilità è la realtà comunitaria. Accade dunque qualcosa di completamente diverso: ogni essere singolo è anche co-responsabile della persona-comune come la persona-comune lo è di ciascuno dei suoi membri:»13(*) Da cui, si vede come si istituisce una corresponsabilità reciproca tra persone singole e persone comune senza escludere la possibilità della auto responsabilità. In questa nuova realtà sociale, il principio di solidarietà si presenta come elemento costitutivo eterno, universale, proprio in ogni individuo morale. Il principio della solidarietà assume allora un significato originale, basato sulla irriducibilità, presentandosi come elemento costitutivo , eterno, universale, di ogni individuo morale. Poiché la persona raggiunge una certa maturità che lo rende capace di esprimere i suoi valori e quelli dei suoi simili. 4. Valutazione della solidarietà morale Così intesa, la solidarietà morale ci permette di rileggere la vita dell'uomo ed il giudizio finale sotto una prospettiva tutta nuova. E' certamente ciò che Scheler dichiara quando scrive: «nessuno comparirà `solo' davanti al Giudice supremo, occorrerà che tutti insieme rispondiamo davanti al Giudice supremo nella unità di un solo atto, e che tutti insieme, in un solo atto ascoltiamo la sentenza di questo giudice supremo. Nessuno sarà giudicato prima che tutti siano co-intesi, co-compresi, co-apprezzati; e, in ciascuno, tutti saranno co-giudicati, come tutti lo saranno in ciascuno.»14(*) Partendo quindi dal metodo fenomenologico, Scheler a provato di descrivere non soltanto le forme di solidarietà ma si è anche impegnato a scavare il fondamento della stessa solidarietà la quale si ancora nella essenzialità della persona a cui appartiene l'apertura verso la comunità delle persone. Da questo punto di vista si nota che l'attuazione del valore arricchisce la comunità umana. E da ciò possiamo appellare ci alla dimensione vocazionale di ogni valore morale. E' vero che la realizzazione dei valori può avvenire in
vari modi. E possono essere attuati sia tra le persone singole che tra i
gruppi sociali. Questa realizzazione dei valori presuppone un contesto che
considera l'insieme di questi valore come un tutto sinottico. Tuttavia,
è importante il fatto che gli atti sociali trovano il loro compimento in
una comunità di persone. A questo punto si rivela il fondamento stesso
della solidarietà. Per questo Scheler afferma che il principio della
solidarietà deve essere l'assioma primario di tuta la filosofia sociale:
«Sotto la signoria del principio della solidarietà ciascuno sente e
sa la comunità come un tutto che dimora in lui e sente il suo sangue
parte del sangue Una domanda rimane pertinente; essa consiste a sapere se una tale solidarietà presentata da Scheler sarebbe realizzabile. Questa domanda ci porta a valorizzare positivamente gli elementi fondamentali per lo stabilimento de la solidarietà, di vederla come necessariamente legata alla vita in società, in virtù delle condizione di dipendenza mutali che essa implica tra gli uomini. In un senso più ampio, una tale solidarietà si rivela come virtù, come un sentimento che spinge gli uomini ad accordarsi, ed in fine come una assistenza mutuale. Si tratta infatti di una solidarietà attiva la quale implica un principio di felicità comune16(*). A questo livello quindi la solidarietà cessa di essere un fatto sociale ma un valore morale. ConclusioneA traverso l'attuale studio sul risentimento e l'idéa di solidarietà secondo Scheler, siamo arrivati a valutare il pensiero del filosofo tedesco nella sua prospettiva morale. La contingenza del risentimento ci appare così evidente che siamo tentati di cedere alla disperazione. Tuttavia Max Scheler non ci lascia col nell'incertezza poiché ci mostra il valore della solidarietà nella sua più ampia visione. Infatti la solidarietà secondo Max Scheler si presenta come un imperativo da realizzare. E' un valore che deve impegnare l'uomo nella sua vita quotidiana. Si dovrebbe estendere non solo nella sfera del singolo individuo ma anche e soprattutto in ambiti culturali, economici, politici e sociali, per poi avviare nuovi discorsi sulla costruzione di una umanità e una vita sociale accettabili. La civilizzazione attuale dovrebbe quindi abbandonare lo stato di guerra sociale che oggi coinvolge l'intera umanità provocando per così dire la cancellazione stessa del valore morale.* 1 Tra i filosofi che hanno maggiormente parlato di questo rapporto inter individuale, possiamo citare Martin Buber ed Emmanuelò Levinas. Il primo fonda quasi tutta la sua filosofia sociale sul rapporto inter individuale nella comunità il suo libro le Je et le tu, scritto nel 1923 ne è una nota espressione; il secondo partendo da una profonda lettura della fenomenologia di Husserl e di Heidegger, si fonda una etica di cui l'esperienza fondamentale è quella dello sguardo e del viso dell'altro. * 2 M. Shecheler, Il risentimento nella edificazione delle morali. Vita e Pensiero, Milano 1975, p 29. * 3 Ivi, p. 148. * 4 Si vede in questa prospettiva come Scheler si è ispirato dal personalismo di cui principio è colui della morale kantiana ossia il rispetto della persona umana , il quale rispecchia il suo valore nella vita concreta. In somma secondo Scheler, il personalismo dovrebbe essere un atteggiamento sociale profondamente concreto e profondamente etico. * 5 M. Scheler. Le formalisme en éhique et l'éhique matéielle des valeurs, Gallimard, Paris, 1955, p. 260. * 6 M. Scheler, op. cit., p.261. * 7 12 Ivi, p. 262. * 8 Ivi, p. 526. * 9 Ibidem. * 10 Ivi, p.530. * 11 Ivi, p. 5335. * 12 Ivi, p. 533. * 13 Ibidem. * 14 Ibidem. * 15 M. Scheler, il risentimento nella edificazione delle morali, Vita e Pensiero, Milano 1975, p.175. * 16 Per felicità comune, intendiamo il fatto che la felicità di alcuni non ha senso che in quella degli altri. Per esempio, un uomo si può sentire libero solo se gli altri uomini del mondo lo sono. |
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