1.2. 4. Il ruolo della madrelingua nell'apprendimento
linguistico
Imparare a usare il linguaggio è una delle
abilità che l'uomo sviluppa nei primi anni di vita. Ogni essere umano
alla nascita è «infantile», cioè non parla, ma impara
a servirsi del linguaggio venendo a contatto con una lingua umana, quella
parlata dai genitori o dalle persone che si occupano di lui. La lingua
attraverso cui un individuo impara il linguaggio umano è detta
«lingua materna» o «madrelingua», o anche la «prima
lingua» (L1) di quell'individuo.
In effetti, fin dagli anni Cinquanta, la lingua materna
dell'apprendente è stata ritenuta uno dei fattori centrali
dell'apprendimento di L2 sia in positivo che in negativo. Nelle ricerche
comportamentiste e contrastive, il ruolo della L1 era molto enfatizzato in
quanto si riteneva che le abitudini assunte con essa influissero sul sistema
della L2 in formazione. La gran parte degli errori e delle conquiste in L2
veniva ascritta al ricorso a L1, detto transfert o interferenza. Nei decenni
successivi, numerose ricerche smentirono gli assunti contrastivi, dimostrando
che gli errori derivanti da L1 sono solo una minoranza. Cos?, il ruolo della
L1 venne ridimensionato. Più recentemente la posizione di chi nega ogni
influenza della L1 è stata riconsiderata. Andersen
(1990: 62-63); citando Pallotti consiglia: «quando non riesci a percepire
le strutture della lingua che stai cercando di acquisire, usa le strutture
della tua lingua materna con elementi lessicali della seconda lingua».
È infatti, fuor di dubbio che la lingua materna ha un ruolo piuttosto
importante nel determinare le elaborazioni interlinguistiche degli
apprendenti.
Tuttavia, non si pu? apprendere una seconda lingua perdendo la
prima. Perdere la prima lingua significa perdere la possibilità di
scambi pieni di significato con i propri familiari. Per alcuni autori come
Cummins (1983: 78) un buon apprendimento della seconda lingua non è
legato alla perdita della L1, ma al contrario è dipendente dal suo
sviluppo: infatti, l'abbandono della L1 può essere la causa di un blocco
dello sviluppo linguistico - cognitivo, che può essere superato solo
quando il livello di conoscenza della L2 rende possibile la ripresa dei
processi di acquisizione delle funzioni superiori. La prima lingua offre
infatti, la possibilità di mantenere i contatti aperti con la cultura
d'origine per una rielaborazione continua della propria appartenenza e della
propria identità. Per questo il mantenimento della prima lingua è
fondamentale per la crescita psico-affettiva : è attraverso di essa che
il bambino può continuare a mantenere vivi e «caldi» gli
scambi affettivi con i familiari, è attraverso di essa che i genitori e
i nonni possono trasmettere la loro cultura, anche tramite tutto ciò che
viene veicolato per mezzo della lingua, ma che spesso non viene esplicitamente
detto.
Tutti i soggetti che imparano una nuova lingua si affidano
alla loro prima lingua o a quelle già conosciute in precedenza. Secondo
Selinker (1992), la lingua materna ha un ruolo facilitante nell'elaborazione e
nell'evoluzione dell'interlingua. A suo parere se il bambino o l'adulto che sta
imparando la nuova lingua riesce a trovare un legame tra qualche
proprietà della L1 e della L2 allora riesce anche a scovare delle
«identificazioni interlinguistiche« (1992: 172, cit. in Pallotti,
1998: 64). Grazie a queste identificazioni interlinguistiche, che per Selinker
sono una delle «strategie di base« per l'acquisizione della seconda
lingua, gli apprendenti ristrutturano il sistema della lingua d'arrivo. In
più le identificazioni interlinguistiche fanno sì che due lingue
siano più affini e facili da apprendere. Ad esempio un apprendente
camerunense francofono potrebbe imparare più velocemente e facilmente lo
spagnolo e l'italiano che sono lingue neolatine e hanno maggiori
probabilità interlinguistiche corrette (nel lessico, nella sintesi e
nella grammatica). Per?, il fatto che due lingue abbiamo un origine comune e
vicine tra di loro potrebbe non essere un'agevolazione per il discente, anzi,
nella maggior parte dei casi esso è il primo responsabile nella
commissione di errore. La consapevolezza delle aree di possibili interferenze
da parte dei docenti e dei discenti costituisce un facilitatore didattico.
1.2. Stato delle ricerche sull'italiano in
Camerun
Una Trentina di anni fa, la ricerca scientifica non si
occupava dell'insegnamento-apprendimento dell'italiano in Camerun. Per?,
l'interesse dimostrato dai camerunensi per lo studio della lingua italiana
negli ultimi anni ha portato ad un aumento delle ricerche
sull'apprendimento-insegnamento dell'italiano L2 nel nostro paese. Oggi, sono
aumentati considerevolmente rispetto al passato gli studi condotti
sull'italiano in Camerun e, stiamo assistendo mano a mano ad un vero boom di
pubblicazioni scientifiche e di indagini relative all'italiano L2 nel paese
centrafricano. In questo paragrafo andremo dal generale verso lo specifico
analizzando in primis le indagini su scala globale condotte sulla diffusione
dell'italiano con lo scopo di sfruttare i dati relativi alla didattica
dell'italiano in Africa e in Camerun in particolare; e di tracciare un quadro
sinottico di ciò che emerge dalla letteratura scientifica relativamente
all'argomento che ci proponiamo di trattare.
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